L'Italia ha abolito la pena di morte di fatto dal 1948 e, anche dal punto di vista costituzionale, questa è stata formalmente abrogata dal codice penale militare di guerra nel 1994 per cui il "sistema giustizia" non eroga più ufficialmente la pena di morte. Nella realtà, in maniera disorganica si presentano alle cronache casi dei quali noi riceviamo dai media la drammaticità della tragedia ma da cui non si evince la colossale dimensione del fenomeno. La somma di questi casi di morti violente ci lascia dubitare sulla effettiva fuoriuscita della pena di morte dal nostro paese e che ci fa temere che essa sia in realtà tuttora in vigore e che venga erogata costantemente per mezzo della disperazione con cui per legge, alla separazione dei genitori si fa seguire, quella dei figli dai genitori. La Federazione Italiana per la Bigenitorialità F.E.N.B.I ha il merito di avere analizzato e riclassificato una enorme mole di dati provenienti dalle fonti ISTAT e Criminalpool, e di averci fornito nella riclassificazione, una visione che ha perso tutte le cartteristiche della singolarità e del "gesto isolato di un pazzo" con cui spesso sentiamo descirvere questi episodi: dal 2002 al 2005 , 3.859 decessi sono imputabili ad atti direttamente conseguenti dalla separazione: come disse qualcuno: non è dalla separazione che non ci si riprende, ma dalla ingisutizia subita: La disperazione uccide, eccome se uccide...Il testo che vi offfriamo, un pò lungo per ub blog è la trascrizione di quello che potete trovare sul sito della FENBI.
UNA SCIA DI SANGUE di FABIO NESTOLA (2003)
omicidio e suicidio fra genitori separati: analisi del fenomeno emergente
Nelle cause scatenanti dei picchi di disperazione che portano a togliere e togliersi la vita esiste un fattore di rischio che viene sistematicamente occultato.
L’interruzione giuridica del progetto genitoriale.
Non ha nulla a che vedere con l’affidamento dei figli: tanto con l’affido esclusivo quanto con l’affido condiviso, il trend dei tribunali italiani è quello di accanirsi nel non voler equiparare forme e contenuti di entrambi i ruoli genitoriali, limitando le frequentazioni e l’influenza del ruolo paterno nel processo di crescita dei figli.
Il progetto genitoriale prescinde dal concepimento, dalla trasmissione del patrimonio genetico e dalla stessa gravidanza, va molto oltre: è un progetto educativo a lungo termine, un processo di cura e trasmissione di se che accompagna (o dovrebbe accompagnare) la prole nei vent’anni successivi alla nascita.
L’esclusione forzata da tale progetto, la riduzione a ruoli marginali, la cronica limitazione ad un ruolo subalterno rispetto all’altro genitore, la delegittimazione della figura paterna, la mortificazione, la totale inefficacia delle contromisure giuridiche e lo status di “intruso” che ne derivano sono le molle che innescano la spirale di disperazione che porta ad episodi di cronaca nera.
Il padre che chiede di continuare ad occuparsi dei figli anche dopo la separazione viene percepito dalla maggioranza dei tribunali italiani come individuo che tenta di invadere un territorio altrui; quindi da circoscrivere, ridurre, contenere.
La parola d’ordine è limitare.
Prova ne sia che - anche dopo la riforma dell’affido condiviso - i tribunali continuano a concedere un avvilente “diritto di visita” - creato arbitrariamente, ma inesistente nella normativa - limitato prevalentemente alle misure standard di due pomeriggi a settimana e due domeniche al mese.
Qualcuno provi a smentire.
L’orientamento prevalente, in sostanza, continua ad essere improntato al “minimo indispensabile”, contrariamente alla riforma voluta dal Parlamento e soprattutto al diritto dei minori.
Che tale modus operandi si traduca in una concreta esclusione dalla vita dei figli, e venga percepito quale riduzione ad “accessorio inutile”, quasi “fastidioso” da parte di chi lo subisce, non è difficile da comprendere.
Come non è difficile comprendere che l’interruzione forzata di un intero progetto di vita ed i rapporti con i figli privati di qualunque spontaneità, limitati nei tempi e nei modi imposti per sentenza, costituiscano un vero e proprio stupro delle relazioni.
Lo stupro delle relazioni, inoltre, si aggrava ogniqualvolta il pur misero “diritto di visita” viene subordinato al volere del genitore che esercita un reale e nemmeno tanto occulto potere sui figli, il genitore prevalente (affidatario prima della riforma, collocatario dopo il 2006, anche questo termine creato arbitrariamente, pur se inesistente nella normativa) ostacola o impedisce gli incontri padre-figli.
Sono interpretazioni frettolose e superficiali, pertanto, le chiavi di lettura che solitamente vengono date alla disperazione che sfocia in episodi di cronaca nera:
- mancata accettazione della fine del rapporto
- allontanamento dalla casa coniugale
- disturbo mentale
- gelosia morbosa
Viene sempre “dimenticata” più o meno volutamente la causa principale: lo stupro psicologico-relazionale generato dall’interruzione giuridica del progetto genitoriale.
Non viene riconosciuti il dolore e la disperazione del padre privato dei figli, non vengono riconosciute le difficoltà che incontra un genitore di sesso maschile nel tentare di ristabilire la legalità, non viene riconosciuta l’asimmetria valutativa in base al genere del genitore che compie un reato, sia esso un condizionamento dei figli, un ostacolo delle frequentazioni, una sottrazione definitiva o la costruzione di false accuse, al solo scopo di eliminare l’altro dalla vita dei figli.
Alla fine, il padre relegato in un angolo, sminuito nella forma e nei contenuti del proprio ruolo, cancellato, deriso, annullato, delegittimato ed ingiustamente trascinato in tribunale a difendersi da false accuse infamanti, varca il limite di ogni umana sopportazione: qualcuno si arrende e rinuncia a percorrere una strada in salita, qualcuno si accontenta di rimanere confinato fuori dalla vita dei figli, qualcun altro impazzisce.
Ma chi uccide o si uccide, era folle di suo o qualcosa ha generato ed alimentato la follia?
Si tratta di follia cronica, di una tara genetica? Comunque, a prescindere dalla limitazione nel rapporto con i figli quel giorno avrebbe compiuto una strage? Oppure esistono dei motivi ben precisi che hanno fatto arrivare la disperazione al picco di non vedere altra soluzione che la morte?
E soprattutto, può il Sistema continuare a sentirsi e proclamarsi esente da colpe?
dati ed osservazioni
Il monitoraggio che segue è parte del pluriennale impegno dell'Osservatorio Permanente sulle Famiglie Separate nel raccogliere dati non resi disponibili da fonti ufficiali.
ISTAT e Criminalpol prevedono la voce “omicidi in famiglia”, vale a dire i fatti di sangue maturati fra parenti di vario grado.
Tra gli omicidi in famiglia sono però comprese diverse tipologie di delitto che non hanno nulla a che vedere con crisi di coppia e figli contesi.
Una percentuale rilevante di omicidi in famiglia, inoltre, è concentrata in due filoni che riguardano vittime appartenenti a fasce d'età diametralmente opposte, i neonati e gli anziani:
- gli infanticidi diretti o conseguenti ad abbandono, quei delitti commessi dalle madri con varie modalità ed imputati alla depressione post partum.
- i cosiddetti delitti eutanasici, quei delitti nei quali la molla che spinge ad agire è il desiderio di porre fine alla sofferenza di un congiunto malato terminale.
Nessuna voce ufficiale del macrogruppo “delitti familiari” prevede un sottogruppo specifico per il disagio sociale legato a separazioni, divorzi e cessazioni di convivenza, pertanto l'Osservatorio Permanente della FeNBi costituisce in merito l'unica fonte, seppur ufficiosa, da 14 anni.
Confrontando i risultati del monitoraggio con le osservazioni sulle crescenti responsabilità dei nuovi padri verso la prole (father pride), emerge un dato allarmante: ad una accresciuta partecipazione paterna al progetto genitoriale corrisponde la reazione uguale ed inversa di accresciuta disperazione in caso di interruzione del progetto stesso.
Spinta da tale osservazione, è maturata la decisione di approfondire l’argomento, realizzando in proprio una ricerca sui fatti di sangue, espressione estrema della instabilità psico-emotiva conseguente alla separazione.
Le cause del gesto eclatante vengono da sempre cercate nella gelosia e nella mancata rassegnazione alla fine del rapporto, ma appare ormai indispensabile abbattere i luoghi comuni e considerare la motivazione più importante pur se - più o meno volutamente - ignorata: la disperazione generata dalla perdita dei figli.
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Monitoraggio effettuato dall'Osservatorio Permanente della Fe.N.Bi., estrapolando i casi di suicidio dall'archivio dei fatti di sangue maturati nell'ambito delle separazioni, dei divorzi e delle cessazioni di convivenza.
L'elenco prevede la data dell'episodio, il titolo di cronaca, il luogo e le vittime:
U - uomo, D - donna, B - bambino.
Nella colonna delle vittime la prima sigla si riferisce al suicida, le successive ad eventuali altri soggetti coinvolti
07 04 96 Psicologo si da fuoco per riavere la figlia Aosta U
20 05 96 Ex agente suicida: diviso dalla moglie Ascoli Piceno U
18 06 96 Non vuole separarsi, la strangola e si uccide Ancona U, D
24 06 96 Figlio di separati suicida ad 11 anni Milano B
05 08 96 I genitori si separano, quattordicenne si uccide Siracusa B
16 10 96 Separato: giù dal quarto piano Roma U
26 05 97 Si getta dalla finestra Milano U
27 05 97 Davanti alla figlia uccide la moglie e poi si spara Salerno U,D
28 05 97 S'impicca davanti alla finestra dell'ex moglie Roma U
06 06 97 Ferisce la moglie e poi s'ammazza Udine U
23 08 97 Strangola la moglie e si getta nel vuoto Roma U,D
09 09 97 Uccide le sue bimbe e si spara Roma U,B,B
23 09 97 Uccide la figlia e poi si spara Varese U,B
15 03 98 Si lega mani e piedi, poi si impicca Roma U
14 05 98 Suicida dalle suore Roma U
15 05 98 Separato dalla moglie, si impicca ad un albero Roma U
24 05 98 Suicida per amore dei genitori Varese B
03 06 98 Uccide la moglie e si ammazza Napoli U,D
06 08 98 Ammazza ex moglie e suocero, poi si uccide Roma U,U,D
09 09 98 Uccide le sue bimbe e si spara Roma U,B,B
23 10 98 Padre si uccide perché non può vedere i figli Savona U
31 10 98 Suicida perché la moglie non gli fa vedere i figli Cagliari U
21 12 98 Ennesima lite con la ex, la uccide e si spara Arezzo U,D
16 01 99 Spara alla moglie e si suicida dalla psicologa Trento U,D
05 02 99 Uccide la moglie e si getta dal terzo piano Cuneo U,D
19 03 99 Uccide la moglie e si suicida Potenza U,D
24 03 99 Medico separato uccide la moglie e si suicida Bologna U,D
28 04 99 Giovane mamma si da fuoco per riavere i figli Trapani D
09 04 99 Spara alla ex e poi si uccide Brescia U,D
22 07 99 Non riesce a vedere i figli, farmacista si spara Grosseto U
02 09 99 Separato dalla moglie si dà fuoco Roma U
02 10 99 Uccide la moglie e si spara Siracusa U,D
01 02 00 Non può vedere la figlia, carabiniere si uccide Savona U
14 03 00 Litiga con la moglie e si uccide Roma U
05 04 00 Uccide la moglie poi si spara Torino U,D
10 04 00 Strangola la moglie e si uccide Savona U,D
07 05 00 Uccide la moglie e si impicca Roncello (MI) U,D
22 06 00 Uccide madre, moglie, due figlie e poi si spara Agrigento U,D,D,B,B
06 07 00 Uccide la moglie e si suicida Torino U,D
08 07 00 Uccide la moglie a forbiciate e si suicida Trapani U,D
12 07 00 Gli tolgono i due figli: si uccide Milano U
25 07 00 Imprenditore suicida S .Felice (RM) U
29 07 00 Maresciallo uccide la moglie e si suicida Bologna U,D
14 08 00 Uccide moglie, figlio, due parenti e si spara Bolzaneto (GE) U,D,B,U,U
15 08 00 Si dà fuoco dopo l'ennesima lite con la moglie Roma U
15 08 00 Accoltella moglie, suocera e si uccide Loreto U,D,D
21 10 00 Spara a moglie e tre figli, poi si toglie la vita Alberga (SV) U,D,B,B,B
05 12 00 Finanziere si spara in caserma Roma U
13 12 00 Suicidio dal ballatoio Roma U
16 12 00 Si toglie la vita cardiologo del S. Camillo Roma U
20 02 01 I genitori litigano, giù dalla finestra a scuola Foggia B
19 05 01 Ammazza moglie e suocera, poi si suicida Roccella (RC) U,D,D
12 08 01 Monteverde: si uccide coi gas di scarico Roma U
27 09 01 Ammazza moglie, figlia e si uccide Cremona U,D,B
30 09 01 Uccide la moglie, la figlia e si impicca Ascoli Piceno U,D,B
30 09 01 Ferisce a morte la convivente e si spara Foggia U,D
19 11 01 Uccide la moglie e si suicida Bologna U,D
25 11 01 Taglia la gola a moglie e figlia, poi si suicida Varese U,D,B
10 12 01 Due morti in casa:omicidio/suicidio Roma U,D
17 12 01 Poliziotto uccide la sua ex e si spara Cesena U,D
08 01 02 Suicidio in ufficio Roma U
13 01 02 Uccide la moglie e si spara Mantova U,D
04 02 02 Impiccato nei giardini pubblici Jesi (AN) U
08 03 02 Si suicida dopo la strage Verona U,D,D,U
13 03 02 Spara alla moglie, sulla folla e si uccide Milano U,D
19 03 02 Strage ad Anzio per amore dei figli Anzio (RM) U,D,B,B
27 03 02 Giovane cassiere si ammazza Guidonia (RM) U
03 04 02 Abbandonato dalla moglie si butta dal balcone Roma U
18 04 02 Balduina: uccide la moglie e si spara Roma U,D
09 05 02 Ragazzo suicida Chieti U
13 06 02 Uccide moglie e amante, poi si spara Reggiano (SA) U,U,D
14 06 02 Decidono di separarsi, si sparano dal legale Varese U,D
01 07 02 Uccide la moglie e si spara Bari U,D
17 07 02 Sparatoria al bar, poi il suicidio Bagnara (RC) U,U
27 08 02 Accoltella le figlie e si ammazza Arbatax (NU) U,B,B
03 09 02 Soffoca i figli e si getta nel vuoto Caltanissetta U,B.B
10 09 02 Si impicca: le avevano tolto i figli Chieti D
10 10 02 Lo vuole lasciare: le spara e si ammazza Albosaggia(SO) U,D
17 10 02 Strage in famiglia e poi il suicidio Chieri (TO) 3U,4D
19 10 02 Salto nel vuoto dopo la separazione Palermo U
20 10 02 Omicidio-suicidio Benevento U,D
12 11 02 Annuncia il suicidio: impiccato in cella Milano U
19 11 02 Bancario suicida dopo la strage Melano (CO) U,D,B,B
10 12 02 Strangola la moglie e si impicca Cagliari U,D
16 12 02 Accoltella la moglie e si getta nel vuoto Orvieto (TR) U,D
26 12 02 Impiccato in cantina Genova U
04 01 03 Uccide la moglie e si lancia dal terrazzo Roma U,D
22 01 03 Uccide il figlio e si toglie la vita Crema U,B
21 02 03 Suicida nell'auto Avezzano (AQ) U
05 03 03 Ammazza moglie e figlia, poi si impicca Novara U,D,B
19 03 03 Strangola la moglie, poi si impicca in cella Macerata U,D
10 04 03 La strage, poi si uccide Pisa U,D,B
07 05 03 Undici colpi contro la moglie, poi uno in bocca Milano U,D
29 05 03 Uccide la moglie e si lancia dal nono piano Milano U,D
16 06 03 Uccide la moglie e si ammazza Saronno (VA) U,D
22 06 03 Cardiologo strangola la moglie e si spara Bagnara (RC) U,D
30 06 03 Egiziano stermina la famiglia e si uccide Roma U,D,U,B
06 07 03 Divorziato e senza lavoro si uccide Oristano U
09 07 03 Ispettore fa una strage e si uccide Genova U,D,B,B
11 07 03 Si uccide davanti al figlio Verona U
20 07 03 Uccide l'ex moglie e si ammazza Massa Carrara U,D
09 08 03 Uccide i due figli e si spara Trapani U,B,B
17 08 03 Uccide la moglie e si toglie la vita Padova U,D
13 09 03 Si uccide col fucile da caccia Ascoli Piceno U
16 09 03 Impiccato in garage Novara U
28 09 03 Ferratella: impiccato all'altalena Roma U
03 10 03 Uccide la moglie e si suicida Milano U,D
05 10 03 Suicida in mare con i figli Messina D,B,B
14 10 03 Spara a moglie e cognato e si uccide Torino U,U,D
20 11 03 Uccide moglie e figlia e si spara Catania U,D,B
19 12 03 Annega nel canale col figlio di due anni Milano D,B
Dal solo titolo, a volte, non è evidente la riconducibilità dell'episodio ad una vicenda di separazione, che emerge leggendo ulteriori particolari raccolti dal cronista. Siamo in possesso degli articoli di stampa in originale relativi ad ogni episodio preso in esame dal monitoraggio.
N.b. le date si riferiscono alle notizie tratte dai quotidiani, pertanto gli eventi si verificano il giorno precedente alla data di pubblicazione.
Tabella riepilogativa
19 decessi nel biennio 1996/1997
31 decessi nel biennio 1998/1999
60 decessi nel biennio 2000/2001
111 decessi nel biennio 2002/2003
42 suicidi come episodi isolati, con 42 vittime (la sola persona che si toglie la vita)
69 suicidi al termine di altro delitto, con 179 vittime (il suicida più altri soggetti coinvolti)
Autori: 103 uomini, 4 minori, 4 donne
L'uomo è di gran lunga in testa nell'elenco dei suicidi legati al disagio generato dalle separazioni e dai figli contesi, con 103 casi su un totale di 111 (93%), seguito da 4 casi di suicidio di minori e 4 casi di donne che si tolgono la vita.
Si riscontrano significative differenze percentuali estrapolando i soli suicidi maturati fra separati dai dati dei suicidi complessivi forniti dagli istituti di ricerca.
75,6% di uomini e 24,4% di donne nel 1997
76,3% di uomini e 23,7% di donne nel 1998
74,8% di uomini e 25,2% di donne nel 1999
74,9% di uomini e 25,1% di donne nel 2000
75,4% di uomini e 24,6% di donne nel 2001
74,8% di uomini e 25,2% di donne nel 2002 (fonte annuari ISTAT; per il 2002, dati disponibili fino ad agosto).
Ne risulta che gli uomini, in ogni caso, si tolgono la vita in percentuale maggiore di quanto non facciano le donne (all'incirca un suicidio femminile ogni tre suicidi maschili), senza però mai sfiorare il picco da monopolio che si riscontra fra i separati.
Nelle separazioni sparisce o quasi la percentuale di donne suicide, che per tutti gli altri fattori di rischio (perdita del posto di lavoro, depressione, solitudine, indigenza, patologia allo stadio terminale, scomparsa di un congiunto, etc.) si attesta invece intorno al 25% del totale, dal minimo del 23,7% nel 1998 al massimo del 25,2% nel 1999 e nel 2002.
La separazione, inoltre, rappresenta l'unico fattore di rischio che spinge al suicidio esclusivamente il padre, pur essendo l'unico fattore di rischio che coinvolge un target obbligatoriamente composto dall'identico numero di donne ed uomini.
E' ormai opportuno ripensare la definizione di soggetto debole, o quantomeno individuare - accantonando postulati e luoghi comuni - i soggetti che maggiormente vengono indeboliti dalla scissione della coppia e dalla conseguente involuzione del tenore di vita, ma soprattutto dall'affido esclusivo dei figli, dalla forzata inibizione delle relazioni genitoriali e dagli attriti che ne derivano.
L'inibizione legalizzata di ruoli e relazioni genitoriali innesca una spirale di disperazione della quale il suicidio è l'aspetto più eclatante, ma non l'unico e neanche il più frequente. I fatti di sangue costituiscono solo la punta dell'iceberg di un disagio sociale pericolosamente diffuso.
E' l'esclusione dalla vita dai figli ad avere devastanti ripercussioni sulla sfera relazionale ed emotiva del soggetto escluso e dei figli stessi.
Una nuova tipologia di soggetti deboli viene quindi costantemente alimentata dall'attuale Diritto di Famiglia e dalla conseguente giurisprudenza che si adagia sui binari consolidati dell'affido monoparentale, nonché dalla logica giuridica del conflitto e della mancata scissione fra ruoli coniugali e ruoli genitoriali.
Altro dato emergente, connesso all'incremento di separati che si tolgono la vita. Si modifica la tipologia dell'evento: il suicidio arriva con sempre maggiore frequenza al termine di una strage che coinvolge i figli e/o l'ex coniuge o altri componenti del nucleo familiare, con diversi gradi di parentela.
EPISODI AL FEMMINILE
28 aprile 1999, Trapani: una giovane mamma si cosparge di benzina perché i figli sono trattenuti dai nonni paterni che le impediscono di rivederli. Ricoverata in condizioni disperate, muore il giorno successivo.
10 settembre 2002, Chieti: una donna si toglie la vita perché non sopportava di vivere senza i figli, allontanati dai Servizi Sociali competenti per territorio.
05 ottobre 2003, Messina: una donna, depressa per la separazione, si getta con l'auto nelle acque del porto. Nell'auto ci sono anche i due figli.
19 dicembre 2003, Milano: una donna si suicida gettandosi con l'auto in un canale insieme al figlio di due anni, che temeva di perdere dopo la separazione.
I quattro casi di madre suicida rappresentano la conferma di come non contribuiscano solo gelosia, disturbo mentale o mancata rassegnazione alla fine di un rapporto (le motivazioni sempre addotte quando ad uccidere ed uccidersi è un padre), ma siano soprattutto l'allontanamento forzato della prole e l'inibizione del ruolo genitoriale a spingere i genitori a compiere gesti disperati.
L'interruzione giuridica del progetto genitoriale viene vissuta in larga maggioranza dai padri, ragione per la quale sono gli stessi padri a figurare abbondantemente in testa nell'elenco degli autori di omicidio legato alla separazione.
Ed a monopolizzare, o quasi, i suicidi.
Una ipotetica controprova si avrebbe capovolgendo il quadro generale tramite la esclusione sistematica delle madri dall'affido dei figli, con la conseguenza di inibirne drasticamente le frequentazioni e l'influenza nel processo di crescita: con l'inversione dei ruoli ci troveremmo inevitabilmente a commentare la casistica di una maggioranza di donne disperate che uccidono e si uccidono. Vogliamo augurarci di rimanere nel campo delle ipotesi e di non essere costretti a prendere atto di nessuna macabra controprova.
Prima di investire l'Osservatorio Permanente del gravoso lavoro di ricerca che avremmo volentieri lasciato a chi si occupa di statistiche per mandato istituzionale, il Consiglio Federale FeNBi si è interrogato a lungo sui perché delle lacune ufficiali in tal senso.
I vari Istituti di ricerca, statali e privati, rivelano una messe di particolari sulla vita degli italiani: ci dicono quanto spendiamo per il cenone di Natale, dove e per quanto tempo andiamo in vacanza, quante ore trascorriamo alla guida, quanto spendiamo per abbigliamento, sport, cultura e spettacoli, come aumenta il bullismo adolescenziale, quanto aumenta il ricorso alla chirurgia plastica; e poi quanti decessi avvenivano prima e quanti dopo l'introduzione del casco obbligatorio, quanti prima e dopo le cinture di sicurezza obbligatorie, quanti prima e dopo la patente a punti, quanti incidenti si concentrano nel sabato sera ed in quali fasce orarie, quanti delitti a scopo di rapina, quanti per mano di immigrati, quanti decessi dovuti al doping, all'anoressia, agli stupefacenti, al fumo, all'alcool, alla liposuzione, alla dieta fai-da-te …
I più diversi aspetti della vita quotidiana vengono osservati, sezionati, analizzati e catalogati per fornire un quadro statistico il più dettagliato possibile; il tutto suddiviso per anno, per trimestre, per mese, e poi ancora per regioni, province, città e piccoli centri, per sesso e per fascia d'età, di reddito, di scolarizzazione…
Nelle statistiche tanto minuziose e capillari continua però a mancare la voce relativa ai fatti di sangue legati alle separazioni.
Perché? Dimenticanza fortuita o volontà precisa?
La versione dei media in occasione di ogni fatto di sangue fra separati è sempre quella del gesto isolato di un pazzo. Non c'è mai un'analisi del fenomeno nel suo insieme, anche se è ovvio che quando i cosiddetti “gesti isolati” si ripetono a grappoli, qualcosa nel Sistema non funziona come dovrebbe.
Nessun organo di informazione ricondurrebbe al gesto isolato di un pazzo la gravità di mille morti come conseguenza dell'uso di anabolizzanti nel culturismo e nello sport agonistico in generale; non vengono etichettati come gesti della follia, anzi proprio presso certi studi medici e certe palestre si cercano e si trovano le pulsioni del fenomeno dilagante.
Non viene frettolosamente archiviato come pazzo neanche il debitore disperato che uccide l'usuraio causa della sua rovina; la collettività prende atto della gravità del problema e nasce un numero verde anti-usura, vengono stanziati fondi per salvare le attività ostaggio degli “strozzini”, il disagio viene contestualizzato e si studiano le contromisure a livello governativo.
Nessuno ha mai sottovalutato le stragi del sabato sera al ritorno dalle discoteche, non sono malati di mente i ragazzi che muoiono in auto, infatti proprio le discoteche sono oggetto di provvedimenti legislativi per tentare di arginare il fenomeno negativo (orari di chiusura anticipati, livello dei decibel, stop alla vendita di superalcolici, controlli per la diffusione di stupefacenti, etc.).
Ogni volta che un fenomeno di massa produce degli effetti devastanti, le cause si individuano e le soluzioni si cercano, sempre, all'interno del contesto nel quale tale fenomeno prende vita e si sviluppa.
Ciò che accade per qualsiasi altro fenomeno sociale non accade invece per la fallimentare gestione del conflitto di coppia, che ha come unica soluzione la ricorsività del conflitto giuridico.
Quando la gente muore uscendo dalle discoteche si cercano i motivi nelle discoteche; quando la gente muore uscendo dalle palestre si cercano i motivi nelle palestre, quando invece la gente muore uscendo dai tribunali i motivi si cercano nella gente.
È vietato osservare ed analizzare i tribunali.
Nessuna fonte ufficiale ha mai voluto riconoscere e tantomeno studiare il collegamento fra i provvedimenti limitativi nella frequentazione con i figli e la disperazione che porta a togliersi la vita.
Per quanto riguarda le separazioni è infatti più comodo scaricare le responsabilità su presunte e mai dimostrate personalità deviate delle parti, estrapolandole dal contesto nel quale gli episodi drammatici maturano. Va ricordato come in larga percentuale il folle non sia affatto tale fino a mezz'ora prima di commettere il delitto: non ha mai manifestato pulsioni criminali, supera brillantemente i test per il rinnovo del porto d'armi o addirittura presta servizio nei corpi militari, paramilitari o come tutore dell'ordine)
Se poi capita che l'omicida-suicida lasci delle lettere nelle quali individua chiaramente nell'inadeguatezza della giustizia la molla scatenante del gesto disperato, allora tali lettere vengono sequestrate in fretta e ne viene inibita la divulgazione (caso Galoppo, Genova, luglio 2003).
Secondo ogni tesi ufficiale il Sistema opera sempre al meglio, se qualcosa non funziona non si possono cercare crepe nel modus operandi dell'apparato giudiziario e nelle conseguenze che ne derivano, ma occorre sforzarsi di circoscrivere le responsabilità ai soggetti coinvolti.
E' innegabile che chi commette una strage e poi si toglie la vita al momento di compiere il gesto sia folle.
Ma è altrettanto innegabile la ottusa miopia di non voler contestualizzare il ripetersi degli episodi, da anni: il Sistema incapace di ascoltare, riconoscere e gestire il disagio è folle almeno quanto l'omicida-suicida che dal contesto patogeno viene innescato.
Il disperato che arriva ad uccidere ed uccidersi è un effetto, ma la causa qual è?
La risposta è scomoda, è una lettura non funzionale alla difesa delle stanze dei bottoni quindi, per dirla col Manzoni, non s'ha da fare; infatti la versione ufficiale continua ad essere quella del gesto isolato di un pazzo.
Intendiamo sottolinearlo con forza: non si tratta di un tentativo di giustificazione di gesti criminali, che tali rimangono. E' però insostenibile che di fronte ad un fenomeno di tali proporzioni il Sistema-Giustizia continui a sentirsi, e proclamarsi, esente da colpe.
Negli ultimi anni una sola voce è sfuggita all’oscuramento: quella di Roberto Thomas.
Roberto Thomas è sostituto Procuratore preso il Tribunale per i Minorenni di Roma; nel testo Provvedimenti a tutela dei minori (R.Thomas/M.Bruno - Giuffrè, 1998) solleva alcuni dubbi sul caso Brigida.
A Civitavecchia (RM) nel 1994 Tullio Brigida, separato e padre di tre bambini, uccide i figli dopo aver avuto notizia che la ex moglie aveva chiesto in tribunale la decadenza della potestà genitoriale. Notoriamente il TdM può decidere inaudita altera parte, senza l’obbligo di ascoltare la versione delle persone oggetto dei provvedimenti. Le riflessioni di Thomas ruotano attorno al rapporto causa-effetto tra il provvedimento ablativo e l’evento delittuoso: si domanda se la condotta del Brigida sarebbe stata diversa qualora fosse stato ascoltato e non fossero stati interrotti gli incontri con i bambini. “Forse ciò non sarebbe accaduto se si fosse attuata una procedura che avesse pienamente garantito il contraddittorio con l’audizione del Brigida e dei suoi tre figli”.
In sostanza, Tullio Brigida era folle di suo, quindi prima o poi avrebbe ucciso comunque i figli?
Oppure la sua follia è nata da un evento preciso, la castrazione giuridica del ruolo genitoriale?
Dopo i dubbi sollevati da Thomas sulle responsabilità del Sistema, il buio ufficiale.
A fronte di sempre crescenti dubbi ufficiosi sollevati dal privato sociale che si occupa di separazioni e minori contesi.
Proseguendo nell'analisi dei dati raccolti dall'Osservatorio Permanente, risulta evidente come le persone che negli anni si sono rivolte alle strutture di supporto per genitori separati possano essere divise in due gruppi nettamente distinti fra loro.
Le madri lamentano difficoltà ad ottenere con costanza il contributo al mantenimento della prole con tre diverse modalità:
· chi l'assegno non lo riceve affatto
· chi lo riceve saltuariamente
· chi lo riceve di importo ridotto rispetto a quanto stabilito dal tribunale.
I padri lamentano strategie estremamente ripetitive messe in atto dall'ex coniuge per costruire ostacoli alle frequentazioni con i figli:
· chi può incontrarli saltuariamente, secondo tempi e modalità stabilite unilateralmente dall'ex coniuge, anche prevaricando eventuali accordi consensuali stabiliti in tribunale
· chi non può incontrarli affatto ed ha perso ogni contatto, anche telefonico.
In entrambi i casi, tanto per il mancato rispetto degli obblighi di mantenimento quanto per l'inibizione delle modalità di frequentazione, si verificano aperte violazioni del dispositivo giuridico.
Dal disagio sociale conseguente alle separazioni emergono quindi le problematiche legate alla sfera patrimoniale, caratteristiche delle madri, e quelle connesse alla sfera relazionale, appannaggio dei padri
L'ISTAT ci dice che il genitore affidatario è la madre nell'oltre 87% dei casi.
Non esiste quindi, o è percentualmente irrilevante, la madre che dovrebbe versare un assegno all'ex coniuge ma si astiene dal farlo, come non esiste, o è altrettanto percentualmente irrilevante, il padre che in qualità di genitore affidatario ostacola o impedisce i rapporti madre/figli.
Partendo da questo quadro oggettivo, analizziamo la differenza percentuale di donne ed uomini separati che si tolgono la vita, rispetto al totale dei suicidi fornito dall'ISTAT.
Esaminando i disagi manifestati alle varie strutture di supporto per genitori separati emergono, come abbiamo visto, due filoni principali: economico e relazionale
Sono indubitabilmente più semplici le soluzioni da suggerire quando si affrontano i problemi legati al filone economico. Esistono le ingiunzioni di pagamento, esiste il prelievo alla fonte direttamente dal datore di lavoro, esiste l'art. 570 c.p. che sanziona il genitore inottemperante rispetto al contributo per il mantenimento dei figli, è possibile ottenere aiuti da EE.LL. e dal privato sociale nato per tutelare donne sole, ragazze madri, donne separate, etc.
E' inoltre allo studio in alcuni Comuni la proposta di istituire un fondo al quale possano attingere le donne che non ricevono dagli ex mariti l'assegno mensile.
Comunque, al di la della effettiva soluzione del problema, sempre lunga e farraginosa come per ogni iter legale, è la condizione psicologica di parte lesa a giocare il suo ruolo, ed è un ruolo fondamentale.
Il soggetto vessato ottiene il riconoscimento delle proprie ragioni dalle strutture pubbliche e private alle quali si rivolge ed ha la consapevolezza che le stesse strutture si attiveranno affinché vengano riconosciuti i propri diritti e, contestualmente, affinché venga sanzionato il soggetto inottemperante.
Non è un processo semplice ne' veloce, ma c'è.
E' basilare che ci sia, sarebbe devastante se non ci fosse.
Quando vengono disilluse delle legittime aspettative di denaro viene riconosciuto il diritto leso di chi quel denaro dovrebbe riceverlo e, di contro, le responsabilità civili e penali di chi quello stesso denaro non può o non vuole versarlo.
Estremamente difficili o addirittura impossibili da risolvere, invece, i problemi legati al filone relazionale.
Quando vengono disilluse le legittime aspettative di relazionarsi con un figlio, non viene riconosciuto il diritto leso di entrambi i soggetti coinvolti (va sottolineato che il genitore ha diritto al figlio, ma soprattutto il figlio ha diritto anche all'altro genitore), e vengono accolte le istanze di chi dei figli ambisce a farne una proprietà esclusiva.Calpestando diritti ed esigenze del genitore non affidatario ma, ricordiamolo fino alla noia, calpestando diritti ed esigenze dei figli. Il tutto, curiosamente, confezionato e venduto per tutela dei minori.
E' la disparità di trattamento a generare psicopatologie, nonchè la constatazione insostenibile di come tale iniquità risulti essere perfettamente legale. Non esiste la condizione psicologica di parte lesa, se non circoscritta alla mera percezione del soggetto vessato.
Il Sistema chiamato a gestire le separazioni non riconosce e non sanziona come lesione di un diritto bilaterale l'interruzione delle relazioni figli/genitore non affidatario.
Il mancato versamento del contributo si configura come reato ai sensi dell'art. 570 c.p. (violazione degli obblighi di assistenza), pertanto al diritto del minore di ricevere assistenza corrisponde, in caso di inottemperanza, un articolo del codice penale che prevede la relativa sanzione.
Diverso trattamento per le difficoltà di frequentazione: anche le modalità di frequentazione fra i figli ed il genitore non affidatario costituiscono un diritto del minore ed un obbligo di assistenza ma, in caso di inottemperanza, gli ostacoli costruiti per inibire gli incontri possono configurarsi - possono …. raramente, ma possono - come reato ai sensi dell'art. 388 c.p. (mancato rispetto del dispositivo giuridico).
In sostanza, i diritti dei minori vengono lesi quando il genitore non affidatario non versa denaro, ma non vengono lesi quando il genitore affidatario impedisce loro di incontrare l’altro genitore e spesso gli altri nonni, zii, cugini…; in questo caso viene lesa, semmai, l'autorità del magistrato.
Questa, in Italia, è la tutela dei minori.
Siamo di fronte al Diritto che non riconosce i diritti, e non è un gioco di parole.
La giurisprudenza annovera frequenti 570 e rarissimi 388, nonostante le innumerevoli lamentele per incontri negati che solitamente vengono archiviate.
La riprova: nel 2001 per la prima volta finisce sui giornali il caso in cui viene sanzionato il mancato rispetto delle modalità di frequentazione fra i figli ed il genitore non affidatario. E’ una procedura rarissima, talmente inusuale da diventare una notizia di cronaca!
Una palese storpiatura del principio di uguaglianza delle sanzioni e dell’equità della pena, in spregio del diritto del minore inteso come diritto reale e non mediato.
Sotto l’impero della disciplina vigente, solamente la violazione di un obbligo di natura economica è sanzionato come fattispecie penale autonoma.
E’ evidente come vi sia disparità di trattamento tra la violazione di due obblighi che:
- sono sanciti in uno stesso ordine del giudice (l’ordinanza emessa al termine dell’udienza presidenziale, oppure dal G.I. nella successiva fase processuale),
- hanno lo stesso destinatario (il minore),
- hanno lo stesso fondamento giuridico (sono entrambi posti a tutela dei diritti del minore).
- hanno pari importanza e quindi analoga dignità di tutela.
Violare un obbligo di assistenza economica comporta la lesione diretta di un diritto del minore, mentre la violazione degli obblighi di frequentazione comporta l’applicazione di una norma posta a tutela dell’esecutorietà dei provvedimenti del giudice, senza assurgere a violazione di un altro diritto del minore che è quello di poter frequentare entrambi i genitori.
Ma l’art. 570 parla di obblighi di assistenza, senza circoscriverne l’ambito.
La giurisprudenza ha tracciato la strada dell’assistenza intesa solo in chiave economica, ma cosa certifica che assistenza non sia anche occuparsi dei propri figli, trascorrere del tempo con loro, contribuire all’educazione, frequentarli con assiduità, essere presenti ogni volta che ne hanno bisogno?
Sul piano giuridico ne consegue che il minore non ha un diritto pariteticamente tutelato: mediante l’art. 570 c.p. si dà tutela diretta al profilo economico del diritto del minore; con l’art. 388 c.p. la tutela del diritto del minore di natura relazionale è invece mediata attraverso la tutela del diritto dell’Autorità Giudiziaria a che gli ordini da essa emanati vengano rispettati. Questa singolare tutela mediata quindi è percepita solo per la violazione del diritto di natura relazionale, e non per quella di natura economica.
Il Sistema-Giustizia non riconosce e non applica i ventennali studi sulle psicopatologie derivanti dalla separazione dai figli, non si attiva per garantire il recupero degli incontri perduti, non si attiva per eliminare i boicottaggi e garantire futuri incontri regolari, non si attiva per il rimpatrio di un genitore affidatario fuggito all'estero con i figli e nemmeno per il rientro di un genitore affidatario trasferitosi in altra città, trasferimenti che di fatto rendono impossibili le modalità di frequentazione così come previste da sentenze e decreti, anche ove si tratti di accordi consensuali.
Il Sistema ama inoltre nascondere l'incapacità degli operatori nel gestire gli attriti della coppia tacciando la coppia stessa di una generalizzata conflittualità, anche in presenza di innegabili, clamorose, evidenti conflittualità unilaterali.
Quando un genitore affidatario nega all'altro i figli il Sistema-Giustizia non si attiva per sanzionare la parte inottemperante, perché la logica giuridica non riconosce che ci sia una parte inottemperante.
Anche se l'inottemperanza sarebbe in via teorica riconosciuta dal Diritto, all'atto pratico non viene riconosciuta nella giurisprudenza consolidata.
Il Sistema-separazioni ha ormai elaborato consuetudini secondo le quali è “normale” che i figli stiano con un solo genitore, è “normale” che chi non ha l'affido venga relegato in un ruolo estremamente marginale, è sufficiente che i minori abbiano relazioni significative con una sola figura-guida, il genitore non affidatario che chiede di occuparsi assiduamente dei figli è visto come un intruso invadente.
Il soggetto vessato è perfettamente conscio della profonda ingiustizia messa in atto dalla controparte ma, qualora ricorra agli appositi canali per ripristinare la giustizia, l'unico risultato che riesce ad ottenere è il sommarsi di ulteriori ingiustizie.
La spirale di disperazione che ne viene innescata è devastante.
Il genitore affidatario che non riesce ad incontrare i figli si scontra con una precisa volontà ostativa della controparte, ma deve scontrarsi anche con ciò che da tempo abbiamo identificato come il fulcro della malagiustizia in tema di Diritto di Famiglia: il principio malleabile di interesse del minore - totalmente privo di caratteristiche che lo identifichino - e l'uso strumentale che ne viene fatto.
Teorizzando una assoluta priorità per l'interesse dei minori, si modifica l'interesse dei minori in funzione di ciò che, al momento, costituisce invece l'interesse del genitore affidatario, l'unico reale oggetto di tutela da parte dell'intero Sistema.
Il genitore non affidatario non può in alcun modo contare sull'appoggio della Giustizia, che si schiera al fianco di chi è da sempre, per postulato, considerato il soggetto debole al quale va garantito ogni vantaggio possibile, ad iniziare dall'affido dei figli.
Il risultato è quello di aver creato una nuova tipologia di soggetti deboli, quei soggetti ai quali il Sistema-Giustizia offre la rassegnazione come unica insostenibile soluzione.
Un ulteriore elemento contribuisce a mettere a fuoco la diversità fra problemi economici e problemi relazionali: la possibilità di essere aiutati da amici e parenti.
Non sono rari i casi di donne separate che non ricevono l'assegno e per tirare faticosamente avanti fanno affidamento su aiuti economici più o meno consistenti di genitori, fratelli, nuovi compagni o altro.
Non è una soluzione legalizzabile, non è sempre attuabile e soprattutto non cancella le gravi manchevolezze dell'ex coniuge, ma è innegabile che la rete di parenti ed amici costituisca una importante risorsa in attesa dei cronici tempi lunghi della giustizia.
Lo stesso principio non è applicabile ai problemi relazionali; nessun amico, collega o parente potrà mai dare in prestito al padre quel figlio che non riesce a vedere.
E' questa una delle sostanziali differenze fra la soluzione dei problemi legati alla sfera patrimoniale e la soluzione dei problemi legati alla sfera relazionale: il denaro è un bene impersonale quindi, qualunque sia la provenienza, risulta funzionale alle esigenze di chi ne ha bisogno: che arrivi dall'ex coniuge, da parenti, strutture pubbliche o private, nuovi conviventi, nuovi coniugi o nuovi redditi.
Ribadiamo: senza mai cancellare le responsabilità del soggetto inottemperante, che non può e non deve crogiolarsi nell'assistenzialismo per conto terzi.
I figli, di contro, non sono altrettanto impersonali. Il padre al quale vengono impediti i contatti con un figlio non può sperare di risolvere il problema avendo altri figli da una nuova compagna, come non può sperare di alleviare il proprio dolore ricevendo in prestito figli altrui.
La differente gravità delle due distinte problematiche emerge analizzando i soggetti che arrivano al picco di disperazione.
L'uomo che non può vedere i figli uccide e si uccide, la donna che non riceve l'assegno, no.
I nuovi aspetti del coinvolgimento consapevole paterno emersi negli ultimi anni comportano quindi una maggiore condivisione nelle diverse fasi di crescita della prole.
In caso di separazione, però, diventa drammaticamente ed insostenibilmente doloroso accettare che il ruolo paterno venga cancellato.
La tigre alla quale vengono tolti i cuccioli azzanna, da sempre. Nessun etologo l'accusa per questo di essere conflittuale o non collaborativa. La colpa della disgrazia non è della tigre, ma dello sprovveduto che prova a toglierle il cucciolo.
Storicamente ha azzannato solo la madre, oggi azzanna anche il padre.
Rivendica il diritto/dovere di occuparsi dei figli quello stesso padre che per secoli ha delegato ed è stato messo sotto accusa per averlo fatto; ha quindi riorganizzato il proprio ruolo all'interno della famiglia ed ha rivestito di nuovo spessore il rapporto con i figli.
Poi ci si stupisce se non china il capo quando i figli gli vengono tolti.
Purtroppo non c'è nulla di imprevedibile nel padre che si ribella all'esproprio della prole.
Nelle separazioni il soggetto debole per antonomasia non figura nella lista dei suicidi, sovvertendo ogni studio pubblicato negli annuari di statistica.
Chi invece è convenzionalmente definito soggetto forte viene spinto in un vortice tanto destabilizzante quanto irrisolvibile, che sempre più spesso porta a togliersi la vita. E ci si stupisce che accada, come se il semplice fatto di non appartenere al genere femminile garantisca impermeabilità alla disperazione da perdita della prole.
Le madri soffrono e si disperano se private dei figli, si sa; i padri per secoli non hanno sofferto, chissà perché oggi soffrono come le madri? Come mai non accettano con bovina rassegnazione? Come mai si disperano? Come mai la disperazione senza via d'uscita porta sempre più spesso al gesto estremo?
La logica giuridica che persevera nell'affido esclusivo e nella difesa ad oltranza del genitore affidatario ha prodotto danni - vogliamo sperare - preterintenzionali: lasciandosi prendere la mano ha ecceduto nella protezione dei soggetti deboli, capovolgendo il problema di fondo senza però risolverlo.
E' lecito aspettarsi che l'obiettivo di qualunque democrazia debba essere quello di eliminare la condizione di soggetto debole, non di sostituirla con altri.
Non è stato eliminato il soggetto debole secondo la più logica delle strategie, quella di equiparare le parti; il grossolano sbilanciamento a favore degli ex soggetti deboli ha prodotto un doppio risultato negativo:
- ha invertito i fattori senza cambiare il prodotto, creando quindi nuovi soggetti deboli
- ha privato i minori del 50% del loro diritto alla bigenitorialità.
Nessuno si è mai assunto la responsabilità di affermare che, togliendo loro il padre, i figli perdono solo l'1% del diritto alla bigenitorialità, poichè il 99% è garantito dalla madre, che pertanto risulta essere l'unico soggetto meritevole di tutela.
Nessuno ha mai affermato che il ruolo del padre è bene che rimanga circoscritto all'erogazione di fondi; basterebbe una schedina fortunata ed i bambini potrebbero anche diventare orfani, tanto la tranquillità economica è garantita ed il padre non serve ad altro.
Da anni eserciti di neuropsichiatri infantili, Giovanni Bollea in testa, sostengono teorie diametralmente opposte.
Da sempre accesi sostenitori del concetto più puro di pari opportunità, non vogliamo pensare che tale principio possa essere stravolto in prevaricazione dell'altro.